Serviva per immortalare ricordi di vacanze, primi passi dei propri bambini, rappresentazioni teatrali della propria compagnia, concerti della propria band, compleanni, eccetera.
Un modo di immortalare degli eventi che si è affiancato alla fotografia e che all’inizio ha creato un entusiasmo dovuto all’associazione “comparire in televisione = fare quello che fanno le persone famose”. Questa associazione è scemata, ma è rimasto l'entusiasmo per il fatto di poter immortalare alcuni momenti della propria e dell'altrui vita. Poi è scemato anche questo entusiasmo, per il fatto che quando guardiamo il video questo ci delude a causa di vari aspetti.
Usare una videocamera, o un qualunque altro dispositivo in grado di filmare (ad esempio uno smartphone), è facile. Basta accenderla, inquadrare il soggetto e premere il pulsante di registrazione.
Invece realizzare un filmato interessante e divertente non sempre è facile.
Realizzare un filmato interessante è facile se si tratta di un concerto o di una rappresentazione teatrale: piazzato il cavalletto e decisa l’inquadratura, basta premere rec e poi alla fine premerlo di nuovo. Chi guarderà il filmato avrà un’esperienza simile a quella delle persone che erano a quell’evento, perché in entrambi i casi si tratta di spettatori che guardano una rappresentazione. A parte eventuali problemi tecnici di scarsa illuminazione e qualità audio, la piacevole esperienza di guardare il filmato dipende dalla bravura dei musicisti o attori, non dalla bravura del cameraman. Perché quello che doveva succedere in quel filmato è già chiaro. Il cameraman non è responsabile di una sceneggiatura. Certo, se facesse degli zoom sulle persone giuste al momento giusto sarebbe meglio. Ma comunque se lascia l'inquadratura fissa tutto sommato può andare bene lo stesso, dato che la visuale sarà simile a quella di uno spettatore dal vivo.
Se invece il filmato riguarda eventi più imprevedibili e improvvisati, la cosa cambia. Di questo l’inesperto si accorge tipicamente non durante le riprese, ma dopo, quando è il momento di visionare quello che si è realizzato. Si accorge allora della cattiva qualità dell'audio, della poca stabilità delle
immagini che fanno venire il mal di testa, e della eccessiva e annoiante lunghezza delle scene.
A proposito di eccessiva lunghezza delle scene è importante prendere coscienza della differenza fra vivere una scena e riguardarla in un video. Quando non siamo spettatori, ma viviano un’esperienza come protagonisti accettiamo come normali momenti di attesa, momenti di noia, momenti in cui gli eventi scorrono senza nulla di granché interessante. Quando la stessa cosa accade in un filmato, a parità di tempi morti o di scene lente quel filmato risulta molto più noioso.
Se lo spettatore è paziente, tipicamente uno spettatore abituato a guardare film d’autore, la lentezza magari viene tollerata. Ma nella maggior parte dei casi non sarà così: lo spettatore si annoierà, si irriterà e tenderà a distrarsi e a voler interrompere la visione del filmato; oppure, non avendo un'educazione alla visione dei video amatoriali in compagnia e non rendendosi conto di quanto è irrispettoso chiacchierare sovrapponendo la propria voce a quella dei personaggi, lo farà, rendendo incomprensibile ciò che dicono e così abbassando la già flebile probabilità che quel video venga apprezzato dagli altri spettatori.
Dunque chi crea il filmato deve rendersi conto di quanto davvero dovrebbe essere lungo ad esempio una clip in cui si mostra un panorama: quando lo osserviamo dal vivo lo guardiamo volentieri anche per 15 secondi, ma quando lo guardiamo su uno schermo al massimo i secondi devono essere 4. È bene registrare con questa consapevolezza e in più, dopo la registrazione, eseguire un montaggio che consisterà in tagli e magari velocizzazioni.
A proposito di montaggio, è facile credere di aver tagliato abbastanza anche quando non è così. Conviene dunque eseguire un primo montaggio e, anziché considerare concluso il lavoro, aspettare qualche giorno per disabituarsi alla visione di quel filmato, poi riguardarlo immedesimandosi più possibile in uno spettatore, per rendersi conto magari che c’è da sfoltire ancora.
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